Tramonto italiano. Come un paese si avvia alla disgregazione by Francesco Sisci
autore:Francesco Sisci [Sisci Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Process, General, Social Science
ISBN: 9788854530737
Google: OfPj0AEACAAJ
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2024-09-14T22:00:00+00:00
1 Marco Travaglio, «Câeravamo tanto odiati», la Repubblica, 25 agosto 1998.
8.
Egemonie culturali
La questione dellâegemonia culturale in politica è fondamentale. La teoria venne elaborata ed esplicitata per la prima volta da Antonio Gramsci che teorizzava il cammino della rivoluzione. Per arrivare alla rivoluzione, la forza sovvertitrice doveva prima riuscire a stabilire i temi del dibattito culturale e poi, una volta imposti, poteva muoversi per prendere il potere. Gramsci, in estrema sintesi, stava descrivendo il percorso e la pratica del potere indiretto esercitato per secoli dalla Chiesa. Papi e vescovi erano riusciti ad affermare la propria influenza sottile e pervasiva in regni e società di tutto il mondo imponendo i termini delle questioni e del dibattito e creando aspettative culturali.
La stessa teoria ha una versione più moderna nellâadattamento di Joseph Nye sul soft power,1 il potere soffice che un impero deve esercitare in primo luogo per aggiudicarsi il comando. Il potere «duro», militare e di forza, è infatti soggetto a «inflazione» progressiva: più lo si esercita meno effetto ha. Il potere soffice, lâegemonia culturale, lâinfluenza, funziona invece al contrario: più lo si esercita e più è efficace.
Facciamo un esempio concreto: il Pci e la sinistra in generale, pur non al potere, alla fine degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso riuscirono a imporre la loro egemonia culturale. Grazie a questa massiccia influenza furono in grado di condizionare gli eventi degli anni Novanta che portarono allo scioglimento della Dc. Essa si sfarinò forse anche per una mancanza di coagulo e forza culturale alternativa. In passato era stata tenuta insieme nelle sue diverse correnti, per lâopposizione al comunismo. Finito il comunismo, il partito avrebbe dovuto trovare un nuovo elemento unificante, ma così non fu.
La marcia dellâegemonia culturale del Pci era stata tortuosa e si era incrociata con la sensibilità della Chiesa romana.
Le questioni allora dibattute erano state per le libertà civili, come il divorzio o lâaborto. Temi ovviamente non condivisi con la Chiesa, ma che trovavano riscontro nellâagenda dei liberali filoamericani. I liberal Usa sostenevano anche il pacifismo, erano critici sullâintervento in Vietnam, e questi erano temi che si ritrovavano nellâagenda della Chiesa. La lotta per le rivendicazioni operaie di nuovo incontrava simpatie in settori della Chiesa mentre il laicismo religioso trovava spazio tra i liberali.
In questo gioco di sponda, la sinistra aveva individuato il modo di portare acqua al mulino della «rivoluzione», ovvero una soluzione radicale e totale dei problemi. Essa doveva condurre alla realizzazione di una società migliore, come quella che si stava cercando di fare in Urss. Il Pci poi si era intelligentemente allontanato da ciò che proponeva lâUrss come soluzione, come un paradiso in terra, assestandosi su una posizione che promuoveva lâUrss come laboratorio per una ricerca ragionevole di soluzioni alternative.
In questo passaggio cruciale di prospettiva, in cui pur rimaneva la critica al capitalismo, il Pci apriva le porte al dialogo. Affermava che i sovietici erano persone «come noi», che cercavano di evitare uno scontro allâultimo sangue, e con loro occorreva convivere. La posizione che considerava lâUnione Sovietica come
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